La rosa è un simbolo che viene associato a Venere, governatore astrologico del segno d'Aria
della Bilancia la cui lezione assegnata è quella della fratellanza universale.
"Possa una Rosa fiorire sulla tua croce" è il saluto scambiato dai membri della Confraternita rosacrociana, ed è proprio nel segno della Bilancia - attraverso cui si realizzano l'equilibrio e l'amore universali- che Saturno, signore della materia, del tempo e della cristallizzazione, è esaltato : attraverso il segreto dell'amore (Venere/Rosa) la cristallizzazione rappresentata da Saturno, dalla croce, dalla materia che trattiene ed imprigiona il principio, si scioglie e superando la paura attraverso il baratro dell'annullamento, l'anima vince la morte risorgendo nell'Unione.
Da un punto di vista astrologico la rosa si associa anche al segno del Cancro, il segno che rappresenta la nascita, la Dea Madre, Iside costruttrice e distruttrice delle forme vitali attraverso le quali il principio universale da sempre si rinnova e si perfeziona.
Come simbolo della nascita e della resurrezione e della perfezione spirituale, la Rosa è spesso associata alle dee Vergini e madri come Maria che nell'iconografia cristiana è spesso rappresentata insieme alla rosa e celebrata nel mese di maggio come regina celeste delle rose.
Sul piano della psicologia e del profondo, il Graal, calice della Salvezza e della santificazione, è un elemento femminile, simbolo della ricettività e della prodigalità, una sorta di utero spirituale per tutti coloro che si affidano alla dottrina segreta, ancora la rivificazione attraverso un processo alchemico di unione del femminile e con il maschile, in questo caso l'eroe che beve dalla sacra coppa.
E sempre connesso al simbolismo della rosa è l'ordine cavalleresco assoldato da Re Artù al fine del ritrovamento del Graal: l'ordine de
La Rose Noire.
martedì 30 aprile 2013
Simbologia della Rosa
Simbolo di soavità, di grazia, di bellezza, di perfezione e di purificazione nello spirito; è il
fiore più espressivo, simbolo d’amore e di dolore.
Inoltre la Rosa, che con le spine cerca di difendersi dalla profanazione, simboleggia anche riservatezza e silenzio. La Rosa è stata in ogni tempo l’emblema della bellezza, della vita, dell’amore. Secondo la mitologia greca e romana la Rosa è nata dal sangue di Adone e da quello di Venere, per questo rappresenta l’amore che genera e riproduce la vita.
Ecate, dea degli inferi, era talvolta rappresentata coronata di Rose a cinque petali: il cinque indica la fine di un ciclo (4) e l'inizio di uno nuovo (4+1). Simbolo anche della riservatezza una Rosa stilizzata a cinque petali fu spesso utilizzata per ornare i confessionali con la scritta "sub rosa", sotto il sigillo del silenzio e della discrezione.
La Rosa è il simbolo per antonomasia della realtà in divenire, della manifestazione in fieri. La Rosa in Occidente ed il loto in Oriente hanno lo stesso significato, cioè la produzione della manifestazione. La Rosa, per la sua forma, si ricongiunge ai significati simbolici del pentacolo e della stella a cinque punte. Infatti, la Rosa a cinque petali rappresenta l’elevazione spirituale dell’uomo. In quanto tale, rappresenta l’evoluzione, la transizione dallo stato profano allo stato sacro. La Rosa con otto petali è simbolo di rigenerazione; per questo venivano portate sulle tombe degli avi e offerte ai defunti.
La Rosa,presa singolarmente, è simbolo di completezza, raggiungimento totale del fine, perfezione.
Ad essa quindi si associano tutte le idee collegate a simili qualità: il centro mistico, il giardino dell'Eros, il Paradiso di Dante, l'emblema di Venere, l'essere amato.
Inoltre la rosa è simbolo della transizione o del passaggio necessari al raggiungimento della perfezione finale: nella Divina Commedia si giunge al paradiso attraverso "La Rosa Mistica"; il protagonista dell'Asino d'oro di Apuleio recupera le fattezze umane mangiando delle rose ( appartenenti ad una corona dedicata ad Iside, dea rivificatrice).
E' dottrina che una delle vie per raggiungere la perfezione sia quella dell'Amore.
L'amore, infatti, è unione, annullamento del dualismo, della separazione, ritorno dell'androgino primordiale, quindi modo di pervenire al centro.
Lo stesso atto fisico dell'amore esprime il desiderio di "morire" nell'oggetto del desiderio medesimo, dissolversi in ciò che è già dissolto: morire, dunque, per rinascere nella non-separazione.
Simbolo di questo, del trasferimento nel "centro segreto" ( segreto nel senso che non esiste nello spazio, ma è tuttavia perfettamente definibile ), è ancora la rosa o, nell'Estremo Oriente, il fiore di loto.
Dalla corolla di una rosa nasce Peyoda Siri, una delle moglie del dio Vishnu.
fiore più espressivo, simbolo d’amore e di dolore.
Inoltre la Rosa, che con le spine cerca di difendersi dalla profanazione, simboleggia anche riservatezza e silenzio. La Rosa è stata in ogni tempo l’emblema della bellezza, della vita, dell’amore. Secondo la mitologia greca e romana la Rosa è nata dal sangue di Adone e da quello di Venere, per questo rappresenta l’amore che genera e riproduce la vita.
Ecate, dea degli inferi, era talvolta rappresentata coronata di Rose a cinque petali: il cinque indica la fine di un ciclo (4) e l'inizio di uno nuovo (4+1). Simbolo anche della riservatezza una Rosa stilizzata a cinque petali fu spesso utilizzata per ornare i confessionali con la scritta "sub rosa", sotto il sigillo del silenzio e della discrezione.
La Rosa è il simbolo per antonomasia della realtà in divenire, della manifestazione in fieri. La Rosa in Occidente ed il loto in Oriente hanno lo stesso significato, cioè la produzione della manifestazione. La Rosa, per la sua forma, si ricongiunge ai significati simbolici del pentacolo e della stella a cinque punte. Infatti, la Rosa a cinque petali rappresenta l’elevazione spirituale dell’uomo. In quanto tale, rappresenta l’evoluzione, la transizione dallo stato profano allo stato sacro. La Rosa con otto petali è simbolo di rigenerazione; per questo venivano portate sulle tombe degli avi e offerte ai defunti.
La Rosa,presa singolarmente, è simbolo di completezza, raggiungimento totale del fine, perfezione.
Ad essa quindi si associano tutte le idee collegate a simili qualità: il centro mistico, il giardino dell'Eros, il Paradiso di Dante, l'emblema di Venere, l'essere amato.
Inoltre la rosa è simbolo della transizione o del passaggio necessari al raggiungimento della perfezione finale: nella Divina Commedia si giunge al paradiso attraverso "La Rosa Mistica"; il protagonista dell'Asino d'oro di Apuleio recupera le fattezze umane mangiando delle rose ( appartenenti ad una corona dedicata ad Iside, dea rivificatrice).
E' dottrina che una delle vie per raggiungere la perfezione sia quella dell'Amore.
L'amore, infatti, è unione, annullamento del dualismo, della separazione, ritorno dell'androgino primordiale, quindi modo di pervenire al centro.
Lo stesso atto fisico dell'amore esprime il desiderio di "morire" nell'oggetto del desiderio medesimo, dissolversi in ciò che è già dissolto: morire, dunque, per rinascere nella non-separazione.
Simbolo di questo, del trasferimento nel "centro segreto" ( segreto nel senso che non esiste nello spazio, ma è tuttavia perfettamente definibile ), è ancora la rosa o, nell'Estremo Oriente, il fiore di loto.
Dalla corolla di una rosa nasce Peyoda Siri, una delle moglie del dio Vishnu.
lunedì 29 aprile 2013
Le Dee del Parto
Dea del parto Azteca
Le dee che presiedono la
nascita sono molte in ogni tempo e in tutte le culture.
Sono le grandi dee madri della vita e della morte, Ishtar, Kali, Eva, Tlazolteotl, Sheila na Gig consapevoli che la donna portando la vita, porta anche la morte nel mondo. O sono dee-levatrici come Artemide-Diana, Lucina, Egeria, la lappone Madder-Akka o ancora sono dee creatrici come Gea, l’australiana Kunapipi( il serpente arcobaleno), la sumera Mami, o l’africana Mawu.
Vengono venerate come divinità molte dee che rappresentano tutti i momenti e i passaggi importanti della maternità. Abbiamo così Nagar-Saga attributo della sumera Mami che ha il compito di sovrintendere alla formazione del feto, la dea lappone Uks che aveva il potere di decidere il sesso del nascituro, l’egiziana Shait e la romana Carmenta che predicono il destino del neonato, l’irlandese Ain assicurava che nessun bambino venisse considerato illegittimo. A Roma Intercidona, Pilumnus e Deverra proteggono la puerpera dopo il parto dalla crudeltà del dio Silvanus, mentre Cunina e Carna proteggono le culle e i primi delicati mesi del bambino. Statina proteggeva i primi passi e Fabulinus le prime parole, di nuovo Carna, Educa e Potina erano le tre dee del nutrimento.
Ogni singolo passaggio era presieduto da un’entità divina, una forma embrionale di psicologia. Le divinità avevano il compito di regolare e contenere lo sprigionarsi di emozioni nei momenti rituali di passaggio, tra i quali la maternità riveste per le donne un ruolo centrale.
Vediamo allora come tutte queste dee e le innumerevoli altre che possiamo rintracciare nella mitologia rappresentano con le loro storie degli insegnamenti che vanno oltre le singole culture per costituire un messaggio valido anche per le donne di oggi.
Leggiamo ora le storie più significative:
Sono le grandi dee madri della vita e della morte, Ishtar, Kali, Eva, Tlazolteotl, Sheila na Gig consapevoli che la donna portando la vita, porta anche la morte nel mondo. O sono dee-levatrici come Artemide-Diana, Lucina, Egeria, la lappone Madder-Akka o ancora sono dee creatrici come Gea, l’australiana Kunapipi( il serpente arcobaleno), la sumera Mami, o l’africana Mawu.
Vengono venerate come divinità molte dee che rappresentano tutti i momenti e i passaggi importanti della maternità. Abbiamo così Nagar-Saga attributo della sumera Mami che ha il compito di sovrintendere alla formazione del feto, la dea lappone Uks che aveva il potere di decidere il sesso del nascituro, l’egiziana Shait e la romana Carmenta che predicono il destino del neonato, l’irlandese Ain assicurava che nessun bambino venisse considerato illegittimo. A Roma Intercidona, Pilumnus e Deverra proteggono la puerpera dopo il parto dalla crudeltà del dio Silvanus, mentre Cunina e Carna proteggono le culle e i primi delicati mesi del bambino. Statina proteggeva i primi passi e Fabulinus le prime parole, di nuovo Carna, Educa e Potina erano le tre dee del nutrimento.
Ogni singolo passaggio era presieduto da un’entità divina, una forma embrionale di psicologia. Le divinità avevano il compito di regolare e contenere lo sprigionarsi di emozioni nei momenti rituali di passaggio, tra i quali la maternità riveste per le donne un ruolo centrale.
Vediamo allora come tutte queste dee e le innumerevoli altre che possiamo rintracciare nella mitologia rappresentano con le loro storie degli insegnamenti che vanno oltre le singole culture per costituire un messaggio valido anche per le donne di oggi.
Leggiamo ora le storie più significative:
La dea celtica Sheila na
Gig è una delle grandi dee della Vita e della Morte. Il suo nome significa
Vecchia, il suo corpo è quello di una donna anziana e deforme, viene
rappresentata nell’atto di divaricare con le mani la sua vagina, di
autoesibirsi ridendo (come la greca Baubo). Essa racchiude in sé le
contraddizioni umane, la vecchiaia e la nascita, il riso e la passione, la
deformità e il potere.
E’ un simbolo del potere delle donne di partorire, di dare alla luce con fiducia le proprie creature, della capacità e della confidenza che una donna può avere con il proprio corpo e anche dell’estrema plasticità di un corpo femminile. E’ davvero un simbolo potentissimo !
Artemide- Diana
E’ un simbolo del potere delle donne di partorire, di dare alla luce con fiducia le proprie creature, della capacità e della confidenza che una donna può avere con il proprio corpo e anche dell’estrema plasticità di un corpo femminile. E’ davvero un simbolo potentissimo !
Artemide- Diana
Queste due grandi dee
mediterranee, greca la prima, romana la seconda, hanno assimilato nei secoli
molte dee anteriori, divenendo quindi particolarmente rappresentative.
Artemide è una dea vergine, dea della luna, sorella di Apollo, appena nata aiutò la madre Leto a partorire il fratello, divenendo così la sua levatrice. Artemide è la Signora della selvaggina, dea delle selve e degli animali, una dea cacciatrice e violenta, dea della freccia e dell’arco, dalle furie improvvise e mortali. Uccideva tutti coloro che osavano uccidere animali femmina incinte o cuccioli appena nati.
Artemide è la forza della creazione, come Artemide-Ilizia viene invocata dalle partorienti perché assicuri loro un parto facile o una rapida morte, le donne trovavano sollievo nella credenza che lei le assistesse, come assisteva tutti gli animali femmina assicurando loro un parto facile e indolore. Rappresenta il lato selvaggio e istintuale del parto e aiuta a liberarlo. Rappresenta anche la transizione violenta della separazione del neonato dall’utero e della madre dal figlio che avviene nel momento del parto. Rappresenta quella particolare confidenza con l’inconscio che hanno le donne in gravidanza, con la loro “selva interiore”, quello stato di grazia che le fa essere “vergini”, una in se stessa, e la furia che le donne esprimono e sentono al momento del parto che le rendono temibili e venerabili. Come dea “dell’arco e della freccia” rappresenta la capacità delle donne di raggiungere i loro obiettivi, anche mediante l’uso di una giusta aggressività. Molte sono le sue dee-aiutanti: Egeria, l’ispiratrice e profetessa; Lucina, la dea levatrice, a volte considerata immagine di Giunone, ma anche associata a Diana, la dea che “porta la luce”, partum producat in lucem, associandola alla luna (Selene). La fase lunare in cui il nascituro era stato concepito era di grande importanza nell’antichità, poiché determinava la scadenza del termine della gravidanza, calcolando a partire da essa la decima luna.
Come Artemide di Efeso, rappresentata con innumerevoli mammelle era il simbolo della fertilità e del potere nutritivo della Madre-Terra.
Mami
Artemide è una dea vergine, dea della luna, sorella di Apollo, appena nata aiutò la madre Leto a partorire il fratello, divenendo così la sua levatrice. Artemide è la Signora della selvaggina, dea delle selve e degli animali, una dea cacciatrice e violenta, dea della freccia e dell’arco, dalle furie improvvise e mortali. Uccideva tutti coloro che osavano uccidere animali femmina incinte o cuccioli appena nati.
Artemide è la forza della creazione, come Artemide-Ilizia viene invocata dalle partorienti perché assicuri loro un parto facile o una rapida morte, le donne trovavano sollievo nella credenza che lei le assistesse, come assisteva tutti gli animali femmina assicurando loro un parto facile e indolore. Rappresenta il lato selvaggio e istintuale del parto e aiuta a liberarlo. Rappresenta anche la transizione violenta della separazione del neonato dall’utero e della madre dal figlio che avviene nel momento del parto. Rappresenta quella particolare confidenza con l’inconscio che hanno le donne in gravidanza, con la loro “selva interiore”, quello stato di grazia che le fa essere “vergini”, una in se stessa, e la furia che le donne esprimono e sentono al momento del parto che le rendono temibili e venerabili. Come dea “dell’arco e della freccia” rappresenta la capacità delle donne di raggiungere i loro obiettivi, anche mediante l’uso di una giusta aggressività. Molte sono le sue dee-aiutanti: Egeria, l’ispiratrice e profetessa; Lucina, la dea levatrice, a volte considerata immagine di Giunone, ma anche associata a Diana, la dea che “porta la luce”, partum producat in lucem, associandola alla luna (Selene). La fase lunare in cui il nascituro era stato concepito era di grande importanza nell’antichità, poiché determinava la scadenza del termine della gravidanza, calcolando a partire da essa la decima luna.
Come Artemide di Efeso, rappresentata con innumerevoli mammelle era il simbolo della fertilità e del potere nutritivo della Madre-Terra.
Mami
Per i Sumeri la Creatrice
di tutte le cose era l’onnipotente “Madre di tutti”, Mami, la regina della
terra coronata da lapislazzuli.
Come un vasaio, la dea mescolò dell’argilla al di sopra dell’abisso cosmico in modo da formare quattordici immagini di se stessa, allineandole in due file, sette alla sua destra e sette alla sua sinistra; tra le due file Mami pose un mattone cotto, poi pronunciò degli incantesimi vivificatori sopra alle immagini di argilla, ed esse divennero vive: quelle alla sua destra come uomini, quelle alla sua sinistra come donne; gli uni e le altre erano fatti a sua immagine. Per questo aveva l’attributo di Nindun, la “Signora della Procreazione”.
Il mattone simbolico di Mami serviva da guanciale alle donne sumere quando, durante il travaglio partecipavano al potere creativo della madre. Esse la invocavano durante il parto, Mami era particolarmente sensibile alle donne che la invocavano per il secondo figlio. Qualsiasi lavoro delle donne era un’immagine della creatività materna. Tutelava la proprietà terriera ed era una dea guerriera, pretendeva che una parte di terra in ogni campo coltivato venisse lasciato incolto. Mami veniva raffigurata a cavallo di fieri leoni, ornata dei gioielli del suo popolo.
Rappresenta la fierezza e la creatività delle donne.
Come un vasaio, la dea mescolò dell’argilla al di sopra dell’abisso cosmico in modo da formare quattordici immagini di se stessa, allineandole in due file, sette alla sua destra e sette alla sua sinistra; tra le due file Mami pose un mattone cotto, poi pronunciò degli incantesimi vivificatori sopra alle immagini di argilla, ed esse divennero vive: quelle alla sua destra come uomini, quelle alla sua sinistra come donne; gli uni e le altre erano fatti a sua immagine. Per questo aveva l’attributo di Nindun, la “Signora della Procreazione”.
Il mattone simbolico di Mami serviva da guanciale alle donne sumere quando, durante il travaglio partecipavano al potere creativo della madre. Esse la invocavano durante il parto, Mami era particolarmente sensibile alle donne che la invocavano per il secondo figlio. Qualsiasi lavoro delle donne era un’immagine della creatività materna. Tutelava la proprietà terriera ed era una dea guerriera, pretendeva che una parte di terra in ogni campo coltivato venisse lasciato incolto. Mami veniva raffigurata a cavallo di fieri leoni, ornata dei gioielli del suo popolo.
Rappresenta la fierezza e la creatività delle donne.
Il problema della fastidiosa candida.
Candida, cistite e prurito si combattono con la giusta alimentazione e i rimedi naturali indicati
I rimedi naturali per candida, cistite, prurito
A tutte le età, in particolare nell'età fertile e in menopausa a causa della "tempesta" ormonale che investe tutto l'organismo, può accadere che anche il sistema immunitario attraversi un periodo di stress. Per questo si manifestano con più frequenza infezioni del sistema urogenitale come candida e cistiti, che segnalano uno stato di affaticamento degli anticorpi. La terapia, in questo caso, deve agire sia dall'interno e che dall'esterno.
La prima cura per candida, cistite e prurito è a tavola
In caso di infezioni urogenitali vanno prima di tutto banditi tutti i cibi piccanti, troppo dolci o troppo salati, le carni rosse, i salumi gli zuccheri raffinati e i lieviti, che possono aumentare lo stato infiammatorio. È inoltre utile seguire ciclicamente, per una settimana ogni 2-3 mesi, una cura a base di fermenti lattici che, agendo sulla flora batterica intestinale, migliorano lo smaltimento delle scorie metaboliche e rinforzano di riflesso le difese.
I rimedi naturali per la candida
La Candida albicans è un fungo che vive sulla mucosa vaginale, nell'intestino, nella bocca e sulla pelle. Se il sistema immunitario si indebolisce e quando l'intestino è irritato, lacandida diventa "aggressiva" e dà luogo a una serie di disturbi che comprendono secrezioni vaginali biancastre, prurito e bruciore all'atto della minzione. Ecco i rimedi naturali indicati.
- Solidago. In tintura madre, stimola il drenaggio delle tossine e ha un'azione antibatterica. Se ne prendono 40 gocce al giorno prima dei pasti per 3-4 settimane, anche se l'infezione è scomparsa.
- Gramigna. Fare un infuso e bere una tazza ogni sera è un ottima idea se si va soggetti alle infiammazioni urogenitali.
La terapia d'urto per sconfiggere la cistite
Molte donne soffrono di cistite prima del ciclo, dopo i rapporti sessuali o in menopausa: questo doloroso disturbo è dovuto a infezioni o infiammazioni a livello delle vescica e dell'uretra e possono essere causate da colpi di freddo o da disordini intestinali. Ecco i rimedi naturali.
- L'uva ursina. È un potente antibatterico delle vie urinarie. Se ne prendono sei capsule al giorno (in 3 somministrazioni, lontano dai pasti e con molta acqua), scendendo a 4 e 3 capsule al giorno con il miglioramento della sintomatologia. Per potenziare l'effetto dell'uva ursina si consiglia di aggiungere all'acqua il succo di un limone spremuto.
- La gramigna, si beve in infuso (un cucchiaino di radici messo in infusione 10 minuti in una tazza d'acqua), anche 2-3 volte al dì. È depurativa e antinfiammatoria.
I rimedi naturali per bruciori e prurito
Spesso una non corretta (o eccessiva) igiene intima e i disturbi dell'intestino infiammano i tessuti genitali provocando prurito, bruciori e sanguinamenti. In questi casi si consiglia di utilizzare l' olio essenziale di camomilla: occorre metterne 10 gocce in una bacinella di acqua tiepida e sciacquare le parti intime, allevierà notevolmente il fastidio. Anche gli oli essenziali di rosa e di lavanda possono essere utilizzati allo stesso scopo. Gli sciacqui si ripetono 2 volte al dì mattina e sera. Le stesse essenze, mescolate a un olio vegetale (come l'olio di mandorle) possono essere applicate localmente nelle zone pruriginose o irritate.
domenica 28 aprile 2013
Che tipo di donna usa gli Assorbenti lavabili Rosea Lune?
Che tipo di donna usa gli assorbenti lavabile: una donna che ha deciso di contribuire a inquinare meno,una
donna che si sente collegata a Madre Terra,una donna che attraverso il suo ciclo mestruale riesce a trovare un profondo collegamento con se stessa.
Gli assorbenti lavabili Rosea Lune sono un ottima alternativa non solo a un etica personale,ma anche a chi soffre di irritazioni intime e candida,flusso molto abbondante e allergie a tessuti sintetici.
La linea Rosea Lune,propone il suo prodotto in fibra di amido,completamente anallergico,e con un design innovativo,adatto a ogni donna in tre misure: mini per flussi leggeri,medium per flussi regolari/abbondanti, e maxi per flussi molto abbondanti e adatto per le puerpere.
Si lavano facilmente in acqua fredda,e si asciugano velocemente.
Rosea Lune garantisce la sua sostenibilità in quanto i tessuti sono certificati.
http://www.rosealune.it/
donna che si sente collegata a Madre Terra,una donna che attraverso il suo ciclo mestruale riesce a trovare un profondo collegamento con se stessa.
Gli assorbenti lavabili Rosea Lune sono un ottima alternativa non solo a un etica personale,ma anche a chi soffre di irritazioni intime e candida,flusso molto abbondante e allergie a tessuti sintetici.
La linea Rosea Lune,propone il suo prodotto in fibra di amido,completamente anallergico,e con un design innovativo,adatto a ogni donna in tre misure: mini per flussi leggeri,medium per flussi regolari/abbondanti, e maxi per flussi molto abbondanti e adatto per le puerpere.
Si lavano facilmente in acqua fredda,e si asciugano velocemente.
Rosea Lune garantisce la sua sostenibilità in quanto i tessuti sono certificati.
http://www.rosealune.it/
La Festa sacra di Beltane
Beltane celebra l’amore, l’attrazione, il corteggiamento, l’unione, e
tutti quei piccoli e grandi desideri istintivi che chiamiamo “febbri” o “amori”
primaverili.
Molto prima che fossero inventate le elezioni di miss “quello che volete” o, specialmente in USA, a fine corso venissero incoronati la reginetta ed il re del Liceo (o simili), i villaggi eleggevano una bella giovane coppia per rappresentare il re e la regina di Maggio, che nei paesi anglosassoni venivano chiamati John Thomas e Lady Jane. Comunque alla festa di Beltane il popolo danzava intorno al palo piantato al centro dello spiazzo dove si teneva la festa, un palo ben piantato a terra che si innalzava verso il cielo, un palo simbolo di vitalità; e non serve che vi illumini su che simbologia traspare in un palo piantato nel ventre di Madre Terra. Poi si raccoglievano i fiori e si passavano notti insieme sotto le stelle nel bosco
.
Beltane è il tempo del latte e del miele, il periodo che più degli altri i Pagani dedicano al piacere. Dopo il risveglio primaverile i corpi sono pieni di energia. Adesso siamo nelle ore piene del mattino immaginario della Ruota dell’Anno. Il tempo migliore per sbocciare e fiorire, desiderio e soddisfazione.
Beltane è una delle feste principali nel calendario popolare ed è celebrato con miele, focacce di farina d’avena e formaggi. Il motivo di questo è ovvio. Cercando simboli per l’altare di Beltane, ricordate che la mucca e l’ape saranno le immagini della Dea; loro creano il miracolo del latte e del miele
Molto prima che fossero inventate le elezioni di miss “quello che volete” o, specialmente in USA, a fine corso venissero incoronati la reginetta ed il re del Liceo (o simili), i villaggi eleggevano una bella giovane coppia per rappresentare il re e la regina di Maggio, che nei paesi anglosassoni venivano chiamati John Thomas e Lady Jane. Comunque alla festa di Beltane il popolo danzava intorno al palo piantato al centro dello spiazzo dove si teneva la festa, un palo ben piantato a terra che si innalzava verso il cielo, un palo simbolo di vitalità; e non serve che vi illumini su che simbologia traspare in un palo piantato nel ventre di Madre Terra. Poi si raccoglievano i fiori e si passavano notti insieme sotto le stelle nel bosco
.
Beltane è il tempo del latte e del miele, il periodo che più degli altri i Pagani dedicano al piacere. Dopo il risveglio primaverile i corpi sono pieni di energia. Adesso siamo nelle ore piene del mattino immaginario della Ruota dell’Anno. Il tempo migliore per sbocciare e fiorire, desiderio e soddisfazione.
Beltane è una delle feste principali nel calendario popolare ed è celebrato con miele, focacce di farina d’avena e formaggi. Il motivo di questo è ovvio. Cercando simboli per l’altare di Beltane, ricordate che la mucca e l’ape saranno le immagini della Dea; loro creano il miracolo del latte e del miele
LA DEA BAMBINA
La Dea Bambina è nata dai boccioli sui rami degli alberi, dal venticello fresco che precede la primavera, dal sorriso delle madri ai loro morbidi cuccioli.
È la tenera erba che ricopre i prati e danza nell’aria con le fate della neve intrecciando piroette.
Il suo momento di maggior presenza nella natura è il magico passaggio dall’inverno alla primavera quando può giocare coi leprotti che escono timidi dalle loro tane calde e intonare filastrocche e incantesimi in rima coi merli e gli usignoli sugli alberi al mutar delle stelle.
È sempre giovane e allegra, buona, generosa ma anche molto dispettosa e capricciosa, come sanno esserlo i bimbi tuttavia il suo sorriso è contagioso e i cuori di chi la incontra non potranno che esserne innamorati.
Conosce l’incanto dell’eterno presente, perché i misteri del ciclo ancora non si sono affacciati al suo piccolo grembo.
Avviene così che il suo dono è il nettare dell’immortalità, il distillato delle sue amiche follette, che mantiene sempre giovani, freschi e ridenti.
La ricetta di questa ambrosia è segretissima ma gli spiritelli del vento sussurrano che la Dea Bambina si rechi all’alba insieme alle fate a raccogliere la fresca rugiada, versata sui prati dalla Damigella dell’Aurora per svegliare la Terra, e la mischi con succo di mele d’oro e miele ambrato.
Ma le farfalle, che formano deliziose coroncine colorate sul suo capo, raccontano che altri ingredienti sono mescolati ma non si può proprio svelarne il mistero.
Solo i bambini, i cuccioli e le foglie piccine lo conoscono, e il cuore più segreto degli adulti che però tace, annoiato dalla troppa serietà.
Ne ride molto la Dea bambina per la quale ogni pietra è un gioiello prezioso, ogni refolo di vento una silfide canterina, ogni raggio di sole una cintura incantata, ogni tronco d’albero dimora degli elfi….
Ma, come si è detto, Lei è molto generosa e allora forse, un giorno o l'altro, anche il cuore di un adulto potrà sentirne il canto ed essere preso per mano da Lei il cui nome è Gioia e Vita e la cui Magia è una risata cristallina.
Di: Valerie Tindòmerel by Matrikalia
È la tenera erba che ricopre i prati e danza nell’aria con le fate della neve intrecciando piroette.
Il suo momento di maggior presenza nella natura è il magico passaggio dall’inverno alla primavera quando può giocare coi leprotti che escono timidi dalle loro tane calde e intonare filastrocche e incantesimi in rima coi merli e gli usignoli sugli alberi al mutar delle stelle.
È sempre giovane e allegra, buona, generosa ma anche molto dispettosa e capricciosa, come sanno esserlo i bimbi tuttavia il suo sorriso è contagioso e i cuori di chi la incontra non potranno che esserne innamorati.
Conosce l’incanto dell’eterno presente, perché i misteri del ciclo ancora non si sono affacciati al suo piccolo grembo.
Avviene così che il suo dono è il nettare dell’immortalità, il distillato delle sue amiche follette, che mantiene sempre giovani, freschi e ridenti.
La ricetta di questa ambrosia è segretissima ma gli spiritelli del vento sussurrano che la Dea Bambina si rechi all’alba insieme alle fate a raccogliere la fresca rugiada, versata sui prati dalla Damigella dell’Aurora per svegliare la Terra, e la mischi con succo di mele d’oro e miele ambrato.
Ma le farfalle, che formano deliziose coroncine colorate sul suo capo, raccontano che altri ingredienti sono mescolati ma non si può proprio svelarne il mistero.
Solo i bambini, i cuccioli e le foglie piccine lo conoscono, e il cuore più segreto degli adulti che però tace, annoiato dalla troppa serietà.
Ne ride molto la Dea bambina per la quale ogni pietra è un gioiello prezioso, ogni refolo di vento una silfide canterina, ogni raggio di sole una cintura incantata, ogni tronco d’albero dimora degli elfi….
Ma, come si è detto, Lei è molto generosa e allora forse, un giorno o l'altro, anche il cuore di un adulto potrà sentirne il canto ed essere preso per mano da Lei il cui nome è Gioia e Vita e la cui Magia è una risata cristallina.
Di: Valerie Tindòmerel by Matrikalia
il Campo energetico del Ciclo del Sangue
Nella religione matriarcale ufficiale il ciclo del sangue in tre fasi viene personificato in tre singole dee, che prese
nel loro insieme possono essere chiamate la dea del ciclo trifasico, ma prese singolarmente rappresentano ciascuna una fase, bianca, nera o rossa, dell’intero ciclo. In queste spinte evolutive la dea-elemento del sangue si è differenziata in una dea ternaria del ciclo. Il ciclo ternario del sangue è il modello di fondo di questa teagenesi, il modello fondamentale di tutti i processi di trasformazione psi¬chica che di qui hanno origine, nonché il primordiale modello spirituale-religioso di tutti i misteri presenti in tutte le mitologie, anche nelle loro successive patriarcalizzazioni.
Chiamo dee ternarie o ternità le singole dee che rappresentano le tre singole fasi del ciclo. Con questo voglio prendere le distanze da due concetti. Il concetto di una dea trinitaria corrispondente alla trinità patriarcale è per me astratto e non verificabile. Usando il concetto di ternità, intendo prendere le distanze dalla trinità patriarcale. La trinità cristiana di Padre, Figliuolo e Spirito Santo non è la rappresentazione religiosa di un principio di rigenerazione ciclico, dinamico, e non è neanche un evento di trasformazione. La trinità patriarcale si sviluppò, laddove era possibile, dall’idea matriarcale del re di un anno, che ogni anno muore e risorge. Nel corso della storia, il re di un anno diventò il re permanente. Nel Dio-Padre dell’Antico Testamento viene rappresentata proprio questa dinamica o non-dinamica di un re e signore “eterno”. Parallelamente, l’immagine mitica ciclico-dinamica del mondo si tra-sforma in un’immagine statica, in cui sopra sta il Cielo, sotto l’Inferno e in mezzo la Terra. Contemporaneamente si passa da una concezione ciclica a una concezione lineare del tempo, inteso come risultato di un allineamento degli eventi.
Questo cambiamento di paradigma nel modo d’intendere il mondo produce svariati problemi. Adesso l’uomo si confronta con la sua morte come con la fine della vita...
martedì 9 aprile 2013
Animali Simbolo e Divinità del ciclo Mestruale
Animali Simbolo e Divinità
Nel tempo furono adottati alcuni animali a simboleggiare l'energia
di vita che pervade il cosmo: tra questi importante era la femmina
del cinghiale, sentita come il vaso-utero da cui era nato il mondo.
L'etimologia ci serve di nuovo come conferma: hys in greco significa
maiale, hysteron, come già detto, indica l'utero.
Dal punto di vista rappresentativo il suo dorso curvo era visto come
la volta del cielo e la sua pancia come la "coppa inferiore" che gli
astri percorrevano quando non erano visibili dalla Terra che si
trovava nel mezzo. Il cinghiale femmina li ingoiava con la bocca e
li partoriva da dietro, in un moto ciclico continuo. La coppa
inferiore era vista anche come simbolo della Luna Nera,
corrispondente al flusso mestruale.
Basandosi sulla ciclicità del periodo mestruale e delle fasi lunari,
si credeva inoltre che gli esseri viventi alla morte percorressero
anch'essi la coppa inferiore, o mondo invisibile, per rinascere.
Altri animali simbolici da cui il mondo aveva avuto vita furono un
uccello, che aveva deposto l'uovo originario, e il serpente.
Per numerosi popoli primitivi esiste un legame associativo molto
forte tra il serpente e il ciclo mestruale. Presso gli Indiani
Chiriguanos, quando una ragazza ha le prime mestruazioni, le donne
della tribù tentano di scacciare «il serpente che l'ha ferita» con
dei bastoni, mentre le ragazze Basuto danzano intorno all'immagine
del serpente (Theodor Reik, Pagan Rites in Judaism, New York 1964,
pp.84).
Anche in Portogallo il ciclo mestruale è associato al serpente, e in
Germania nel XVIII secolo si credeva che il pelo pubico di una donna
durante il suo ciclo, se seppellito, sarebbe diventato un serpente.
Le tribù dell'Orinoco sostengono che i serpenti tentano di copulare
con le donne durante il loro periodo e in India c'è un'antica
credenza che le donne, durante questo periodo, sono possedute da uno
spirito maligno sotto forma di serpente. Infine l'opinione rabbinica
generale sostiene che le mestruazioni siano la punizione che il
Signore inflisse a Eva per aver accettato la mela dal serpente
(Louis Ginzberg, Legends of the Jews, Philadelfia 1938, p. 89 e p.
106.). Reik sostiene che, essendo la forma del serpente simile a
quella di un pene eretto, l'implicazione sia che la deflorazione
prodotta da questo produca l'emorragia delle mestruazioni (T.Reik,
op.cit. p.85).
Ma interpretare il serpente come simbolo fallico maschile sembra un
forzatura: gli stessi rabbini nei loro commenti confermano questa
tesi poiché, se le mestruazioni sono la punizione del peccato, di
che peccato si tratta?
Eva fu deflorata solo dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre e
partorì Caino. Quindi il peccato di cui si tratta non è un peccato
eterosessuale, bensì un peccato antecedente la copulazione, ma pur
sempre in un contesto genitale.
È molto più logico quindi associare il simbolo del serpente con la
clitoride femminile che con il pene maschile, tramutandolo in
simbolo fallico femminile.
In questa ottica il peccato di Eva è identificato con la
masturbazione, e per questo fu condannata alla deflorazione e al
rapporto eterosessuale.
Loreena McKennitt
Nel tempo furono adottati alcuni animali a simboleggiare l'energia
di vita che pervade il cosmo: tra questi importante era la femmina
del cinghiale, sentita come il vaso-utero da cui era nato il mondo.
L'etimologia ci serve di nuovo come conferma: hys in greco significa
maiale, hysteron, come già detto, indica l'utero.
Dal punto di vista rappresentativo il suo dorso curvo era visto come
la volta del cielo e la sua pancia come la "coppa inferiore" che gli
astri percorrevano quando non erano visibili dalla Terra che si
trovava nel mezzo. Il cinghiale femmina li ingoiava con la bocca e
li partoriva da dietro, in un moto ciclico continuo. La coppa
inferiore era vista anche come simbolo della Luna Nera,
corrispondente al flusso mestruale.
Basandosi sulla ciclicità del periodo mestruale e delle fasi lunari,
si credeva inoltre che gli esseri viventi alla morte percorressero
anch'essi la coppa inferiore, o mondo invisibile, per rinascere.
Altri animali simbolici da cui il mondo aveva avuto vita furono un
uccello, che aveva deposto l'uovo originario, e il serpente.
Per numerosi popoli primitivi esiste un legame associativo molto
forte tra il serpente e il ciclo mestruale. Presso gli Indiani
Chiriguanos, quando una ragazza ha le prime mestruazioni, le donne
della tribù tentano di scacciare «il serpente che l'ha ferita» con
dei bastoni, mentre le ragazze Basuto danzano intorno all'immagine
del serpente (Theodor Reik, Pagan Rites in Judaism, New York 1964,
pp.84).
Anche in Portogallo il ciclo mestruale è associato al serpente, e in
Germania nel XVIII secolo si credeva che il pelo pubico di una donna
durante il suo ciclo, se seppellito, sarebbe diventato un serpente.
Le tribù dell'Orinoco sostengono che i serpenti tentano di copulare
con le donne durante il loro periodo e in India c'è un'antica
credenza che le donne, durante questo periodo, sono possedute da uno
spirito maligno sotto forma di serpente. Infine l'opinione rabbinica
generale sostiene che le mestruazioni siano la punizione che il
Signore inflisse a Eva per aver accettato la mela dal serpente
(Louis Ginzberg, Legends of the Jews, Philadelfia 1938, p. 89 e p.
106.). Reik sostiene che, essendo la forma del serpente simile a
quella di un pene eretto, l'implicazione sia che la deflorazione
prodotta da questo produca l'emorragia delle mestruazioni (T.Reik,
op.cit. p.85).
Ma interpretare il serpente come simbolo fallico maschile sembra un
forzatura: gli stessi rabbini nei loro commenti confermano questa
tesi poiché, se le mestruazioni sono la punizione del peccato, di
che peccato si tratta?
Eva fu deflorata solo dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre e
partorì Caino. Quindi il peccato di cui si tratta non è un peccato
eterosessuale, bensì un peccato antecedente la copulazione, ma pur
sempre in un contesto genitale.
È molto più logico quindi associare il simbolo del serpente con la
clitoride femminile che con il pene maschile, tramutandolo in
simbolo fallico femminile.
In questa ottica il peccato di Eva è identificato con la
masturbazione, e per questo fu condannata alla deflorazione e al
rapporto eterosessuale.
Loreena McKennitt
mercoledì 3 aprile 2013
Le origini del ciclo Mestruale
Il ciclo mestruale
Il ciclo mestruale dalla donna è passato da espressione del sacro
nella Preistoria a tabù sociale ai giorni d'oggi.
Le origini
Ormai è evidente che fino a 5 mila anni fa, prima dell'avvento del
patriarcato, erano diffuse in tutto il mondo delle civiltà in cui
erano le donne a trovarsi al centro della società e della cultura.
Recenti ricerche archeologiche e nuove interpretazioni sui
ritrovamenti, condotte soprattutto da studiose, hanno evidenziato
come il ciclo mestruale e il corpo femminile fossero infatti
considerati sacri e il sangue mestruale ritenuto generatore e
rigeneratore di vita.
Si può dire che proprio dal mestruo, sangue naturale non dovuto a
malattia o a ferita, caratteristica esclusivamente femminile, la
civiltà prese avvio.
Dalla ciclicità del mestruo femminile affiorò la coscienza dello
scorrere del tempo: di mese in mese le mestruazioni ricomparivano,
accompagnate dalle fasi lunari, collegamento che fu chiaramente
stabilito fin dalle epoche più remote.
Il primo calendario fu quindi lunare anziché solare: un anno era
composto da 13 mesi invece che dai nostri 12, così come le donne
avevano 13 cicli mestruali all'anno.
A testimonianza di questa concezione del tempo, i più antichi
calendari ritrovati sono oggetti a forma di bastone con 13 tacche
che rappresentavano i mesi lunari di 28 giorni.
Inoltre era chiaro anche il legame che ha la Luna con le gravidanze
e i parti, con la semina e la crescita delle piante, con la vita
animale e con le maree.
Questa stretta associazione delle donne con i cicli della natura era
evidente ed era oggetto di venerazione. Per i popoli dell'Età della
Pietra il mistero della nascita dei bambini era attribuito tutto
alla donna, al pari delle mestruazioni, ignorando completamente il
contributo degli uomini alla nascita. Si riteneva dunque che le
donne fossero dotate di poteri mistici, che permettevano loro di far
nascere i bambini.
La nascita dal corpo della donna della concezione dello scorrere del
tempo trova riscontro anche dal punto di vista linguistico: nel
termine latino mens e in quello greco men, menos che significano
luna, mese e misura.
Da questi termini derivano la parola italiana mente, mind in
inglese, Metis, dea greca dell'intelligenza, e Maat, dea egiziana
della saggezza.
Dal termine greco metra, che significa utero, deriva la parola
metro, a indicare l'unità di misura, in origine temporale,
identificata con il mese lunare corrispondente appunto al ciclo
mestruale.
Dallo stesso termine inoltre deriva la parola madre, assieme a tutte
traduzioni simili nelle altre lingue (mother, mutter, mère, mãe…).
Allo stesso modo troviamo conferme etimologiche anche per quanto
riguarda la nascita del senso del sacro dal corpo femminile, capace
di creare vita e di essere in collegamento con l'energia cosmica.
La stessa radice me o ma si ritrova nella parola polinesiana mana,
che indica la forza elementare non corporea immanente all'universo,
o in quella latina Mani, che indicava presso i Romani gli spiriti
dei defunti, o ancora in Manito, il grande spirito dei Pellerossa.
Le donne erano in contatto con queste energie sacre e ad esse si
allineavano in vari modi: secondo il ciclo della Luna Nera,
mestruando durante il Novilunio, o secondo il ciclo della Luna
Rossa, mestruando in Luna crescente e ovulando in Novilunio, o
ancora seguendo la Sorellanza Ovarica, allineandosi cioè alle altre
donne del gruppo.
Durante le mestruazioni il contatto con l' energia era ancora più
profondo e la sensibilità femminile si acuiva a tal punto da
renderle capaci di profezie.
Originariamente il significato della parola tabù era sacro e le
donne nel periodo mestruale erano considerate tali.
I loro sogni e le loro visioni era usati per guidare la tribù, e
nelle culture indigene l'intera tribù festeggiava le giovani donne
con riti di passaggio.
Il sangue sacro era celebrato con riti religiosi che sopravvissero
anche in epoca patriarcale, come ad esempio i Misteri Eleusini della
Grecia classica, il cui nome greco mhysterios contiene il termine
hysterion che significa utero.
Le celebrazioni di tutti momenti salienti della vita femminile
avevano grande importanza: il menarca, la gravidanza, il parto, la
menopausa.
Durante questi riti spesso un gruppo di donne inscenava racconti
mitici il cui preciso intento e significato restavano un segreto
gelosamente custodito.
Le aborigene Priljari Tjara dei deserto occidentale dell'Australia
eseguono una rappresentazione rituale in sette episodi, le cui prime
due scene descrivono la scoperta del cibo, dell'acqua e di un
rifugio. Il terzo episodio riguarda la prima mestruazione
dell'iniziata, che riceve consigli sul sesso dalla sorella maggiore.
Negli ultimi quattro episodi l'adolescente, riconosciuta
l'attrazione sessuale, va alla ricerca di un uomo e infine lo
sceglie; questi è interpretato da una donna in menopausa. Una
variante del rituale prevede che una delle giovani venga rapita e
stuprata, dopo di che le donne catturano e mutilano il violentatore.
In entrambe le versioni il finale del rito è fonte di gran
divertimento per tutti coloro che vi partecipano e prevede canti e
danze celebrative.
Queste civiltà erano società matrilineari, in quanto la discendenza
era di madre in figlia, e matrilocali, poiché le donne rimanevano
negli stessi luoghi ed erano i maschi ad andare a vivere con loro.
Bambine e bambini erano allevate comunitariamente nel clan materno
ed era impensabile che un maschio avesse su di loro potere di vita e
di morte.
Mentre il termine matriarcato sottintende una dominazione delle
donne sugli uomini (come accadde poi al contrario con il
patriarcato), in queste società l'elemento femminile era investito
naturalmente di autorità e considerazione senza bisogno di
predominio coercitivo, proprio perché la visione della vita, i culti
e i simboli erano femminili.
Infatti alle donne era affidato il ruolo più importante
nell'approvvigionamento del cibo per la loro conoscenza delle
piante, nell'organizzazione ordinata della società e della vita
quotidiana, nonché nella spiritualità e nel culto.
Da tali premesse si sviluppò il modello ciclico di vita-morte-
rinascita, che troviamo diffuso dappertutto già nella remotissima
era Paleolitica, quando le caverne, sacre perché ritenute uteri
della terra, venivano intonacate con ocra rossa e i morti vi
venivano sepolti dipinti di rosso e in posizione fetale per
propiziarne la rinascita.
Il ciclo mestruale dalla donna è passato da espressione del sacro
nella Preistoria a tabù sociale ai giorni d'oggi.
Le origini
Ormai è evidente che fino a 5 mila anni fa, prima dell'avvento del
patriarcato, erano diffuse in tutto il mondo delle civiltà in cui
erano le donne a trovarsi al centro della società e della cultura.
Recenti ricerche archeologiche e nuove interpretazioni sui
ritrovamenti, condotte soprattutto da studiose, hanno evidenziato
come il ciclo mestruale e il corpo femminile fossero infatti
considerati sacri e il sangue mestruale ritenuto generatore e
rigeneratore di vita.
Si può dire che proprio dal mestruo, sangue naturale non dovuto a
malattia o a ferita, caratteristica esclusivamente femminile, la
civiltà prese avvio.
Dalla ciclicità del mestruo femminile affiorò la coscienza dello
scorrere del tempo: di mese in mese le mestruazioni ricomparivano,
accompagnate dalle fasi lunari, collegamento che fu chiaramente
stabilito fin dalle epoche più remote.
Il primo calendario fu quindi lunare anziché solare: un anno era
composto da 13 mesi invece che dai nostri 12, così come le donne
avevano 13 cicli mestruali all'anno.
A testimonianza di questa concezione del tempo, i più antichi
calendari ritrovati sono oggetti a forma di bastone con 13 tacche
che rappresentavano i mesi lunari di 28 giorni.
Inoltre era chiaro anche il legame che ha la Luna con le gravidanze
e i parti, con la semina e la crescita delle piante, con la vita
animale e con le maree.
Questa stretta associazione delle donne con i cicli della natura era
evidente ed era oggetto di venerazione. Per i popoli dell'Età della
Pietra il mistero della nascita dei bambini era attribuito tutto
alla donna, al pari delle mestruazioni, ignorando completamente il
contributo degli uomini alla nascita. Si riteneva dunque che le
donne fossero dotate di poteri mistici, che permettevano loro di far
nascere i bambini.
La nascita dal corpo della donna della concezione dello scorrere del
tempo trova riscontro anche dal punto di vista linguistico: nel
termine latino mens e in quello greco men, menos che significano
luna, mese e misura.
Da questi termini derivano la parola italiana mente, mind in
inglese, Metis, dea greca dell'intelligenza, e Maat, dea egiziana
della saggezza.
Dal termine greco metra, che significa utero, deriva la parola
metro, a indicare l'unità di misura, in origine temporale,
identificata con il mese lunare corrispondente appunto al ciclo
mestruale.
Dallo stesso termine inoltre deriva la parola madre, assieme a tutte
traduzioni simili nelle altre lingue (mother, mutter, mère, mãe…).
Allo stesso modo troviamo conferme etimologiche anche per quanto
riguarda la nascita del senso del sacro dal corpo femminile, capace
di creare vita e di essere in collegamento con l'energia cosmica.
La stessa radice me o ma si ritrova nella parola polinesiana mana,
che indica la forza elementare non corporea immanente all'universo,
o in quella latina Mani, che indicava presso i Romani gli spiriti
dei defunti, o ancora in Manito, il grande spirito dei Pellerossa.
Le donne erano in contatto con queste energie sacre e ad esse si
allineavano in vari modi: secondo il ciclo della Luna Nera,
mestruando durante il Novilunio, o secondo il ciclo della Luna
Rossa, mestruando in Luna crescente e ovulando in Novilunio, o
ancora seguendo la Sorellanza Ovarica, allineandosi cioè alle altre
donne del gruppo.
Durante le mestruazioni il contatto con l' energia era ancora più
profondo e la sensibilità femminile si acuiva a tal punto da
renderle capaci di profezie.
Originariamente il significato della parola tabù era sacro e le
donne nel periodo mestruale erano considerate tali.
I loro sogni e le loro visioni era usati per guidare la tribù, e
nelle culture indigene l'intera tribù festeggiava le giovani donne
con riti di passaggio.
Il sangue sacro era celebrato con riti religiosi che sopravvissero
anche in epoca patriarcale, come ad esempio i Misteri Eleusini della
Grecia classica, il cui nome greco mhysterios contiene il termine
hysterion che significa utero.
Le celebrazioni di tutti momenti salienti della vita femminile
avevano grande importanza: il menarca, la gravidanza, il parto, la
menopausa.
Durante questi riti spesso un gruppo di donne inscenava racconti
mitici il cui preciso intento e significato restavano un segreto
gelosamente custodito.
Le aborigene Priljari Tjara dei deserto occidentale dell'Australia
eseguono una rappresentazione rituale in sette episodi, le cui prime
due scene descrivono la scoperta del cibo, dell'acqua e di un
rifugio. Il terzo episodio riguarda la prima mestruazione
dell'iniziata, che riceve consigli sul sesso dalla sorella maggiore.
Negli ultimi quattro episodi l'adolescente, riconosciuta
l'attrazione sessuale, va alla ricerca di un uomo e infine lo
sceglie; questi è interpretato da una donna in menopausa. Una
variante del rituale prevede che una delle giovani venga rapita e
stuprata, dopo di che le donne catturano e mutilano il violentatore.
In entrambe le versioni il finale del rito è fonte di gran
divertimento per tutti coloro che vi partecipano e prevede canti e
danze celebrative.
Queste civiltà erano società matrilineari, in quanto la discendenza
era di madre in figlia, e matrilocali, poiché le donne rimanevano
negli stessi luoghi ed erano i maschi ad andare a vivere con loro.
Bambine e bambini erano allevate comunitariamente nel clan materno
ed era impensabile che un maschio avesse su di loro potere di vita e
di morte.
Mentre il termine matriarcato sottintende una dominazione delle
donne sugli uomini (come accadde poi al contrario con il
patriarcato), in queste società l'elemento femminile era investito
naturalmente di autorità e considerazione senza bisogno di
predominio coercitivo, proprio perché la visione della vita, i culti
e i simboli erano femminili.
Infatti alle donne era affidato il ruolo più importante
nell'approvvigionamento del cibo per la loro conoscenza delle
piante, nell'organizzazione ordinata della società e della vita
quotidiana, nonché nella spiritualità e nel culto.
Da tali premesse si sviluppò il modello ciclico di vita-morte-
rinascita, che troviamo diffuso dappertutto già nella remotissima
era Paleolitica, quando le caverne, sacre perché ritenute uteri
della terra, venivano intonacate con ocra rossa e i morti vi
venivano sepolti dipinti di rosso e in posizione fetale per
propiziarne la rinascita.
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