sabato 6 luglio 2013

Verso una Sobrietà Felice

Oggi pubblico questo articolo,che trovo molto interessante e ringrazio anche
il sito:http://biodetersivi.altervista.org/index_file/page0019.htm per il suo contributo!
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1. La sobrietà dona tempo di vita. L’eccesso costa fatica.

(Ovvero: vale di più il denaro o il tempo?)
La cultura nella quale siamo cresciuti è fondata sulla ricerca della perfezione e dell’infallibilità. È una cultura che, avendo perduto il sacro, il divino, si illude di poterlo ritrovare imponendo alle proprie azioni, ai propri oggetti, proprio due delle caratteristiche che alcune visioni spirituali hanno assegnato a ciò che chiamano Dio: la perfezione e l’infallibilità.
La ricerca estenuante della perfezione (ogni cosa intorno a me nello spazio deve essere come voglio che
sia, al 100%) e dell’infallibilità (ogni cosa che accade nel tempo deve corrispondere al 100% a ciò che ho previsto) ha un costo molto pesante in termini di risorse del pianeta e tempo di vita degli esseri umani.
Il pianeta: siamo in un vicolo cieco. Questa corsa affannosa sta consumando risorse, rubandole alle generazioni che verranno (ad esempio, non riciclare tutto il rame utilizzato è un crimine) e sta causando un cambiamento troppo rapido del clima, che ha già rubato parte dei bianchi ghiacciai delle nostre più alte montagne, le Alpi.
Gli esseri umani: se ci fermiamo un attimo a riflettere, ci accorgiamo che la cosa più preziosa che abbiamo è il tempo della nostra vita. Quanto ne sprechiamo in una corsa affannosa per fare e comperare? La misura di questo spreco è la mancanza di serenità e gioia nel nostro cuore, che si riflette nella mancanza di luce nei nostri occhi. Luce che è così facile trovare negli occhi delle genti dei paesi a economia debole, che hanno molto meno denaro e molto più tempo.

2. Il coraggio di accettare l’imperfezione e la fallibilità.

(Ovvero: “Meno stanchezza e rabbia, più tempo e sorrisi”)
Se non pretendiamo più che ogni cosa sia perfetta, se la smettiamo di affannarci perché ogni cosa accada come abbiamo previsto, se cessiamo di illuderci che la vita sia priva di rischi e imprevisti, riduciamo enormemente il tempo che dedichiamo a raggiungere questo inarrivabile obiettivo. E diminuiamo il corrispondente consumo di risorse.
Se accettiamo che le cose siano perfette solo al 90%, consumiamo risorse (e tempo di vita) per 50. Se ci poniamo l’obiettivo della perfezione al 100%, dobbiamo raddoppiare il consumo di risorse (e tempo di vita). Quest’ultimo pezzetto è faticosissimo da ottenere!
Oltretutto, la natura ci fa sempre qualche scherzetto: al 100% è quasi sempre impossibile arrivare, crediamo di esserci arrivati ma in realtà a spese di sforzi spaventosi siamo arrivati soltanto al 99%.
Quando quell’ultimo punto percentuale di imprevedibilità si manifesta, facendo sballare le nostre previsioni, ci arrabbiamo da matti. Così, già esausti per lo sforzo spaventoso fatto, per di più ci arrabbiamo. Stanchi e arrabbiati.
Ne vale la pena?
Forse meglio accontentarsi del 90% e sorridere per il 10% mancante, che ne dite?

3. Il terrore del batterio, l’indifferenza per i veleni.

(Ovvero: “Usiamo le bilance non solo per la farina, ma anche per la nostra vita”)
Un altro modo in cui si manifesta l’illusoria aspirazione alla perfezione e all’infallibilità è la disinfezione.
Un’altra caratteristica di questa cultura è infatti il terrore del batterio. Si cerca di eliminare ogni batterio da ogni luogo, non considerando che:
  1. Quello tra il nostro corpo e i batteri è un dialogo continuo: dalla capacità del nostro corpo di incontrarsi con gli agenti estranei e produrre anticorpi deriva la forza del nostro sistema immunitario. Batteri esistono dappertutto, ma proprio il contatto con essi consente al nostro corpo di mantenere adeguata vigilanza e capacità di reagire. Solo quando il corpo non ha la capacità di reagire, i batteri prendono il sopravvento.
    Ma un corpo che non abbia mai incontrato un batterio non è in grado di sviluppare un sistema immunitario efficace. Per questo un corpo sano dovrebbe essere in grado di far fronte ai batteri comuni: per questi basta una normale igiene. Una sterilizzazione più spinta è necessaria solo dove e quando si profilasse un reale pericolo sanitario. Bisogna inoltre ricordare che esiste anche una flora batterica “benefica”, che vive in simbiosi con il nostro corpo e anzi ci aiuta in certe funzioni – per esempio la digestione – e tale flora batterica viene distrutta da una disinfezione spinta.
  2. La pretesa di eliminare ogni batterio da ogni luogo ha fatto circolare enormi quantità di sostanze chimiche, molte delle quali ritenute a rischio cancerogeno.
Sia chiaro: è sacrosanto che si agisca per ridurre la carica batterica là dove può essere dannosa: l’eliminazione nei secoli scorsi di tante malattie devastanti grazie alle competenze acquisite nel campo della disinfezione è stata fantastica (vedi la disinfezione in campo operatorio).
Ma al di fuori della sala operatoria, non pretendiamo la disinfezione sempre e ovunque: cerchiamola con consapevolezza là dove serve davvero.
Ogni nostra azione ha un costo in termini di risorse e di tempo di vita: agiamo solo quando serve davvero, quando il vantaggio che ne deriva è superiore al costo di risorse e di tempo di vita.

4. L’(im)perfezione nel campo della detersione.

(Ovvero: “Come uscire dalla trappola ed essere più felici”)
La possibilità che la detersione ci offre è quella di giocare sperimentando. Sperimentando sul piano della qualità (provare altri tipi di detersivi rispetto a quelli di sintesi, cioè naturali e non cancerogeni) e sul piano della quantità (andare alla ricerca della dose giusta di detersivo).
Affaccendarsi perché neanche una macchiolina su mille resista ancora dopo il lavaggio, porta a usare sempre enormi quantità di detersivo, rispetto a quello che basterebbe se ci accontentassimo di eliminarne 90% (il terrore della macchiolina è forse parente del terrore del batterio?).
La strada maestra diventa allora quella di dimezzare le quantità e osservare che cosa succede. Tre sono le cose che possono succedere:
  1. non succede niente;
  2. ottengo un risultato imperfetto, ma che mi sta bene;
  3. ottengo un risultato imperfetto, che non mi sta bene.
Nei casi 1) e 2) mi fermo lì dove sono: “Chi sta bene, non si muove”.
Nel caso 3), aumento la quantità (magari al 75% dell’iniziale) e ripeto l’esperimento, continuando ad aumentare finché non sono contento. Consapevole che ogni aumento di detersivo porta aumento di consumo di risorse e di tempo di vita (come sempre, ottengo qualcosa da una parte e ne perdo da un’altra).
Tempo di vita perché i detersivi (come ogni cosa che utilizziamo) costano tempo di vita per essere prodotti (se ve li fate da soli, come vi abbiamo insegnato) oppure perché dovete lavorare per guadagnare i soldi che usate per comprarli.
Naturalmente molti di noi sono rinchiusi in una trappola: per fare gli esperimenti di cui sopra ci vuole tempo (di più di quello che serve per usare ogni volta il massimo dei massimi della quantità di ogni detersivo) e tanti di noi vivono una vita spericolata, nella quale di tempo che avanza non ne hanno neanche un po’.
Però cercando bene bene, spazi per liberare tempo si possono forse trovare. Uno molto semplice potrebbe essere il seguente: tantissime persone utilizzano tutta la tredicesima (o una sua parte significativa) per comprare regali di Natale. Se smettessimo di comprare regali di Natale, facendo regali con il cuore invece che con il denaro (una conchiglia raccolta sulla spiaggia, un pezzo di legno con una bella forma trovato nei boschi, un disegno, una poesia o un racconto scritto da sé invece di un libro scritto da altri), tante persone di questa società convulsa potrebbero recuperare un sacco di tempo.
Chi sino ad ora ha utilizzato un intero stipendio acquistando regali di Natale, smettendo di farli, si regalerebbe di colpo un mese di vita!

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